giovedì 28 giugno 2012

Dentro una canzone - Il testamento di Tito

Vi prego leggete questo post fino alla fine. Non fatelo svogliatamente o in fretta. Se volete davvero approfondire questo brano prendetevi del tempo. Ma soprattutto leggetelo FINO ALLA FINE e vedrete come nelle ultime parole di questa canzone ci sia quel pizzico di sale che da sapore a tutta la canzone.
Perdonatemi se mi dilungo un po', ma questa canzone è spesso travisata e ci tengo particolarmente al fatto che voi possiate vedere questi versi sotto un altro aspetto. Come dicevo prima dell'esegesi di Creuza de Ma, in questi approfondimenti intendo offrire "un punto di vista strettamente personale, atipico, che non considera solo ciò che De Andrè diceva delle sue canzoni ma si appoggia principalmente a ciò che le canzoni dicono a noi, attraverso il testo, il suo significato, e le note che lo accopagnano".

Questa è la canzone che forse è stata esposta maggiormente al linciaggio mediatico e ognuno ha avuto modo di dire la sua su questo brano. Sappiamo che De Andrè non era esattamente un fervente cattolico, ma si è accostato comunque alle figure sacre con il suo album "La buona novella" esaltandone alcuni aspetti e criticandone altri. Il fatto che De Andrè avesse una certa visione, non proprio favorevole alla religione (pur avendone molto rispetto), ha fatto sì che anche i testi meno estremi fossero interpretati unicamente come blasfemi. Con questo album De Andrè intendeva umanizzare maggiormente le figure bibliche (parole sue), raccontandone la vita di tutti i giorni oppure cercando di capire come potessero aver vissuto personalmente certi episodi del vangelo. Il solo fatto che De Andrè si fosse servito dei vangeli apocrifi per la sua opera, fece gridare allo scandalo (ricordiamoci che questo album fu scritto nel 1970). La canzone "Il testamento di Tito" fu etichettata come blasfemia pura, completamente contro le idee della Chiesa e contro la religione Cattolica.

Questa canzone però, come vedremo, offre anche un punto di vista completamente diverso. Infatti mentre la Rai la censurava non proponendola in radio e in televisione, Radio Vaticana la trasmetteva regolarmente...

Tito secondo i vangeli apocrifi era il nome del buon ladrone che fu crocifisso insieme a Gesù e a un terzo uomo (chiamato Dimaco). Questa brano si svolge nello scenario della crocifissione. Tito pende dalla croce esattamente come Gesù, e ripensa a ciò che ha fatto della sua vita.

Il testamento di Tito


Non avrai altro Dio, all'infuori di me,
spesso mi ha fatto pensare:
genti diverse, venute dall'est
dicevan che in fondo era uguale.
Credevano a un altro diverso da te,
e non mi hanno fatto del male.
Credevano a un altro diverso da te
e non mi hanno fatto del male.

Tutta la canzone è un continuo tentativo di sgretolare, contestare e confutare, uno per uno i dieci comandamenti. Tito vuole dimostrare la falsità dei dogmi divini raccontando la sua esperienza. L'idea comune della religione prevede un dio vendicativo che detta una legge e che punisce chi non la osserva.
Il primo comandamento dice "Non avrai altro Dio all'infuori di me". Tito invece racconta di altre persone che fondamentalmente credevano la stessa cosa, seguendo però un dio diverso. Probabilmente Tito si è accostato anche al loro credo e ha scoperto che ciò non gli ha causato sofferenza. Questa è la prima trasgressione di Tito che lo porta a rompere gli indugi: è un primo tentativo di allontanarsi dalla legge di Dio che tutto sommato è andato a buon fine. Questa scoperta innesca una trasgressione continua alla ricerca di una libertà fin'ora negata, costretta e soffocata dai dettami della religione.

Non nominare il nome di Dio,
non nominarlo invano.
Con un coltello piantato nel fianco
gridai la mia pena e il suo nome:
ma forse era stanco, forse troppo occupato
e non ascoltò il mio dolore.
Ma forse era stanco, forse troppo lontano
davvero, lo nominai invano.

La coltellata ricevuta da Tito è simbolo di qualsiasi fatto che sconvolge la nostra vita. Un tumore, una disgrazia, la perdita di qualcosa a noi caro, ci spinge quasi naturalmente a cercare conforto in Dio. L'umiltà di affidarsi a Dio è essenziale per ricevere il suo aiuto. Tito si pone davanti a Dio con superbia e, sentendosi abbandonato, bestemmia. Se noi sappiamo ciò di cui abbiamo bisogno, perchè non siamo capaci di alleviare da soli le nostre sofferenze? Ciò mostra i limiti dell'Uomo.
Onora il padre. Onora la madre
e onora anche il loro bastone,
bacia la mano che ruppe il tuo naso
perché le chiedevi un boccone:
quando a mio padre si fermò il cuore
non ho provato dolore.
Quando a mio padre si fermò il cuore
non ho provato dolore.

Onora il padre e la madre. Tito non trova motivo per osservare questo comandamento e si chiede che senso abbia onorare chi ti ha fatto del male. Se amiamo solo chi ci fa il bene, che merito ne abbiamo?
Tito qui si comporta in maniera del tutto umana e condivisibile da ognuno di noi. Chi potrebbe biasimarlo? Ancora una volta trasgredisce e non soffre per questo.

Ricorda di santificare le feste.
Facile per noi ladroni
entrare nei templi che rigurgitan salmi
di schiavi e dei loro padroni
senza finire legati agli altari
sgozzati come animali.
Senza finire legati agli altari
sgozzati come animali.

Tito trova inutile il sacrificio di chi dedica la sua vita ad osservare i precetti della religione. Alla fine le vere bestie che vengono sacrificate sono quelli che a testa bassa e con il cervello spento seguono come pecore (non a caso si parla di sacrificio), chi gli dice quel che deve fare per avere il favore di Dio. Mi raccomando leggete fino alla fine!

Il quinto dice "non devi rubare"
e forse io l'ho rispettato
vuotando in silenzio, le tasche già gonfie
di quelli che avevan rubato.
Ma io, senza legge, rubai in nome mio,
quegli altri, nel nome di Dio.
Ma io, senza legge, rubai in nome mio,
quegli altri, nel nome di Dio.

In questi versi si critica chi ruba rifugiandosi dietro a una legge che lo permette, come le banche o i governi che infliggono tasse ingiuste ai loro popoli.

Non commettere atti che non siano puri
cioè non disperdere il seme.
Feconda una donna ogni volta che l'ami, così sarai uomo di fede:
poi la voglia svanisce ed il figlio rimane
e tanti ne uccide la fame.
Io, forse, ho confuso il piacere e l'amore,
ma non ho creato dolore.

La lussuria è il peccato più difficile da comprendere. La legge di Dio lo vede come un peccato grave ma Tito anche se non ha adempiuto questa legge non ha provocato dolore e si sente giustificato da questo. Un'altra volta.

Il settimo dice "non ammazzare"
se del cielo vuoi essere degno.
guardatela oggi, questa legge di Dio,
tre volte inchiodata nel legno.
guardate la fine di quel nazareno,
e un ladro non muore di meno.
Guardate la fine di quel nazareno,
e un ladro non muore di meno.

In questi versi viene riconosciuta l'innocenza di Gesù e si condanna chi predica bene e agisce male.

Non dire falsa testimonianza
e aiutali a uccidere un uomo.
Lo sanno a memoria il diritto divino
e scordano sempre il perdono.
Ho spergiurato su Dio e sul mio onore
e no, non ne provo dolore.
Ho spergiurato su Dio e sul mio onore
e no, non ne provo dolore.

Un altro comandamento infranto che non provoca dolore a Tito, e un'altra critica a chi fa della legge di Dio una guida essenziale e poi non la mette in pratica. Questo "non provare dolore" è molto importante come vedremo alla fine.

Non desiderare la roba degli altri,
non desiderarne la sposa.
Ditelo a quelli, chiedetelo ai pochi
che hanno una donna e qualcosa:
nei letti degli altri, già caldi d'amore
non ho provato dolore.
L'invidia di ieri non è già finita:
stasera vi invidio la vita.

Di nuovo, Tito non prova dolore. Avete notato quante volte ritorna questa "giustificazione" che porta Tito a trasgredire?

Ma adesso che viene la sera ed il buio
mi toglie il dolore dagli occhi
e scivola il sole al di là delle dune
a violentare altre notti:
io nel vedere quest'uomo che muore,
madre, io provo dolore.
Nella pietà che non cede al rancore,
madre, ho imparato l'amore.

Ecco la chiave di lettura di tutta la canzone. Rileggete questi ultimi versi. Dai rileggili. Fatto?
Tutta la canzone non è altro che un esame di coscienza che Tito fa mentre pende dalla croce a fianco di Gesù. Attraverso questo viaggio nei ricordi della sua vita Tito capisce i suoi errori e si pente. Già, questa canzone non è altro che la storia della salvezza di un uomo che in punto di morte si converte.
Tito sa benissimo tutte le schifezze che ha combinato nella sua vita e trova giusta la sua crocifissione, mentre sa benissimo che Gesù sta soffrendo terribilmente da innocente. Questo lo porta a dirgli "Ricordati di me quando entrerai nel tuo regno (Lc 23,42)". E sapete cosa gli risponde Gesù? "In verità in verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso (Lc 23,43)". In questi ultimi versi ci sta tutto l'amore che Dio ha per gli uomini. Questo non è un incentivo a peccare perchè "tanto poi ci si salva comunque". Ricordiamoci che i ladroni sono due e Dimaco non riceve lo stesso trattamento.

Tito diventa il buon ladrone perchè riconosce i suoi peccati e si pente. Questa è la differenza.

Ricordate tutte le volte in cui Tito non prova dolore? In questi ultimi versi capisce che Qualcuno (Gesù) ha sofferto per lui pur essendo innocente, si è fatto carico delle sofferenze altrui per amore. Ha sofferto Lui al suo posto, si è fatto crocifiggere per i suoi peccati, per salvarlo. E Tito di fronte a questo fatto finalmente capisce e prova quel dolore che non ha mai provato per il male che ha causato.
"Ho imparato l'amore": vedere che Cristo si è lasciato crocifiggere per salvare i peccatori, e quindi anche Tito, mostra il vero amore divino. Amare significa mettere gli altri prima di noi stessi anche se questi sono i nostri nemici.
Probabilmente (ne sono ben conscio) questa chiave di lettura è diversa da quella dell'autore.
Ma voi, siete ancora convinti che questa canzone sia blasfema?



11 commenti:

  1. Articolo molto ben scritto e interessante, condivido la tua interpretazione.

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  2. Grazie mille, è un'ottima chiave di lettura che permette di comprendere al meglio il brano del grande Faber!!

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  3. Molto interessante, sono d accordo con te. Davvero bene.

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  4. Interessante interpretazione. Però come tu stesso scrivi, se questa è una TUA interpretazione, non penso che il messaggio che l'autore voleva dare fosse questo. Quindi quando scrivi "Probabilmente (ne sono ben conscio) questa chiave di lettura è diversa da quella dell'autore.
    Ma voi, siete ancora convinti che questa canzone sia blasfema?" non ha senso perchè questa chiave di lettura è TUA e non dell'autore.

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  5. apprezzo i tuo lavoro, mi è stato anche utile e ti ringrazio.... nel mio punto di vista credo che molto più banalmente sia una canzone contro la chiesa come istituzione e contro i suoi ministri...per questo immagino abbia dato molto fastidio alla politica italiana sempre molto attenta a non urtare troppo la Chiesa romana, specie in quei tempi.... de Andrè preferisce il Dio uomo scremato dei dogmi. Non è stato il primo nè l'ultimo a professare tale fede tutta umana e terrena

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  6. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  7. Per giocare ti do delle nuove condizioni al contorno, degli occhi nuovi con cui ascoltare la canzone: Gesù è un blasfemo, e per il suo predicare dai detentori della parola di Dio viene condannato a morte. Dei due delinquenti che sono condannati con lui uno dei due, Tito, prova uno strano sentimento, cerca di capire se la condanna di quell'uomo ha un senso. Confronta la sua esperienza di vita con le leggi di DIO ( sorvegliate dagli uomini) vede che tutte sono come un semaforo rosso, alle tre di notte, di un incrocio in cui vedi le macchine arrivare da 500 metri, in generale crea ordine e governa, ma a volte risulta inutili e fastidioso. (questa non è la mia visione è una delle tante) Un altra chiave di lettura potrebbe essere semplicemente "Ma io, senza legge, rubai in nome mio " "io nel vedere quest'uomo che muore, madre, io provo dolore." Per essere Umani non servono leggi. Visto che si dice che non c'è 2 senza 3: Immagina, e qui lo sforzo che devi fare è grande, che seguire una legge, è la cosa che più ti allontana da Dio. La vita di Tito da un punto d vista etico, morale e spirituale è perfetta. lui ha la coscienza pulita, fatto l'analisi della sua vita a ragione non vede nulla che è lo allontana dalla luce di Dio. E stato tra il migliore dei credenti, e come tale va premiato, e proprio grazie all'emissario di Dio arriva il premio. "Ma adesso che viene la sera ed il buio mi toglie il dolore dagli occhi e scivola il sole al di là delle dune a violentare altre notti: io nel vedere quest'uomo che muore, madre, io provo dolore.Nella pietà che non cede al rancore,madre, ho imparato l'amore." al calare dell'attuale vita terrena un attimo prima che si possa reincarnare, ( il sole che violenta altre notti) scopre la compassione l'essere UNO ( nel testo è pietà e non compassione, ma nella strofa di prima dichiara che prova dolore, cosa che fa chi conPATISCE non chi prova pietas.) Si rende conto del salto evolutivo che compie in quell'attimo e ringrazia Dio rivolgendosi a lui nel modo più dolce, Madre.

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  8. Io credo che una frase molto importante dell'ultima parte della canzone non sia stata analizzata sufficientemente a fondo, e parlo di "Nella pietà che non cede al rancore [...]", in questi versi De André fa capire come sì, Tito provi pietà per Gesù, riconoscendo forse la sua condizione persino più ingiusta di quella dei ladroni, ma non cede al rancore: tuttora pensa di essere nel giusto.
    Di Gesù ha un profondo rispetto ma non viene a mancare tutto il significato della prima parte della canzone, la rabbia e l'odio che da sempre caratterizzano i testi di faber nei confronti dei crimini contro i più deboli e le minoranze.
    Tuttavia questa è la mia opinione e ho trovato la tua analisi molto interessante.

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  9. Apprezzo l'impegno ma mi dispiace, le conclusioni che si tirano sono esegeticamente, semplicemente, errate. Senz'altro bello che questo pezzo della poesia di Faber ti parli a tal punto, il problema intercorre quando sei tu a parlare di lui, e questa è la differenza che passa tra pubblico e critica, tra fruitore e studioso solo ecco, a ognuno il suo o meglio, a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio.

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  10. Le influenze della Chiesa e delle religioni sono un dramma non indifferente. Inoltre proseguono nel tempo e nel tempo, sviluppano un potere avverso al quale molti non sanno rinunciare. Affrontare senso di colpa è il modo migliore per vincere la crudeltà di un dolore, assieme la pietà per sé stessi e per gli altri. Il dolore è umano crearne invece è disumano. La pietà è scientificamente la forza di gravità che lega l'essere umano alla terra e funge da testimone, ci porta al logorio tramite una forza fisica e mentale. L'immortalità è possibile fin tanto che questa forza ci riporta da dove siamo venuti, nei casi migliori per l'ultima volta, diventando ciò che vogliamo, io ho deciso un sole:) mi chiameranno Irradio. Colpiscono gli essere umani le influenze e la paura è uno stato mentale che può dare, assieme una coscienza malata, e sporca mai curata, la possibilità di incorrere nelle malattie. La macchina umana è perfetta, la fantasia malata produce il motivo per cui, l'autodistruzione é un processo più che normale. Sono poche le persone che rispetto ad altre vincono loro stessi e capiscono che dal dolore non si può scappare, come anche alla morte. Ci vuole pazienza e umiltà. Una religione unica è possibile quando le persone capiranno che libertà significa scegliere autonomamente. Il battesimo per esempio, aspettate che siano i figli a decidere e non i genitori per loro. Rispettate fin da subito la loro innocenza. Non esiste male e bene, esiste nel momento che si crea lo squilibrio mentale. L'uniformità tra cuore, mente e spirito portano alla vita eterna. Che altri non è una memoria lasciata nel tempo sulla terra e un futuro nello spazio. Il sole per esempio è fatto del 99.9% della materia del sistema solare. È l'unica energia di cui gli esseri umani hanno bisogno, il resto è marmellata. Mi rendo conto che siano parole un tantino fuori dal comune, ma la vita del resto è irrazionale. Nasci piangendo nervoso come un cane e muori (in teoria) gioioso come un angioletto.
    Buona vita quindi è buon viaggio. ����

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  11. Solo sugli ultimi versi:
    "...io nel vedere quest'uomo che muore,
    madre, io provo dolore.
    Nella pietà che non cede al rancore,
    madre, ho imparato l'amore." Mi sono chiesto: chi è questa madre a cui l'uomo Tito si rivolge? E se fosse la Madre di quel Nazareno, la quale stava ai piedi della rispettiva croce e del quale prima ha detto "è un ladro e non muore di meno"? Una Madre che è lei a provare agli occhi e nei pensieri di Tito il sentimento della "pietà che non cede al rancore". Pietà, ritengo, nel doppio senso sia di 1) dolore, cioè strazio riflesso in lei e 2) di compianto e commiserazione impotente, quello ovvio di compassione. E questo non solo per il proprio Figlio, ma anche per gli altri figli crocifissi, figli che Maria adotta pensando alle loro madri, assenti, ma presenti in Lei. Determinante per scuotere Tito, finora impenitente e rancoroso, questo constatare in una madre, in quella Madre, l'inedita possibilità di provare srazio e dolore, ma _senza odio / senza rancore. Esempio contagioso e Tito, finora tutto e solo odio, per la prima volta sente la possibilità della loro coesistenza e matura in extremis l'atteggiamento umano e morale che ti salva:"madre ho imparato l'amore".
    madre, ho imparato l'amore."

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